3,5 MILIONI DI ANNI – CLER – MILANO

Comunicato stampa della mostra 3,5 Milioni di Anni svolta da CLER in via Padova 27 Milano, 22-06 / 16-10 2021.

– O Luna? Tonda come una bocca da fuoco, come una palla di cannone che, esausta ormai la spinta delle polveri, continua la sua lenta traiettoria rotolando silenziosa per i cieli! Quando deflagherai, Luna, sollevando un’altra nube di polvere e faville, sommergendo gli eserciti nemici e i troni, e aprendo a me una breccia di gloria al muro compatto della scarsa considerazione in cui mi tengono i miei concittadini!

O rouen!
O Luna!
O sorte!
O convenzione!
O rane!
O fanciulle!
O vita mia!

Italo Calvino, Il barone rampante

“In assenza di atmosfera, si ritiene che le orme degli astronauti possano rimanere impresse al suolo per 3,5 milioni di anni, naturalmente a meno di interferenze esterne e manomissioni”. (Stefano Catucci, Imparare dalla Luna, Quodlibet 2013)

Un’impronta di uno scarpone lunare, su una superficie evanescente e impalpabile come la cenere, che resta immutata per un tempo così poco immaginabile, è una cosa che fa impressione! Quella stessa impronta, in presenza di atmosfera, qui da noi sulla Terra, si dissolverebbe nell’aria nel giro di pochi istanti. Come disse Bill Anders durante il volo dell’Apollo 8: “Abbiamo fatto tutta questa strada per esplorare la Luna e la cosa più importante che abbiamo scoperto è stata la Terra”.

È qui in via Padova, allora, che assistiamo al ritorno sulla Terra delle opere degli artisti invitati da Cler, dopo un lungo viaggio di silenzio e distanze siderali, in cui al nostro studio sono mancate le serate inaugurali delle mostre, gli incontri dedicati a seguire e le soste degli amici di passaggio.

Dalla coste della Sardegna i bagliori delle scintille di un fuoco di foglie di palma, qui da Milano, ci appaiono come la coda di una stella cadente. La cenere è stata raccolta e sciolta nell’acqua, le lunghe e sottili bende sono state bagnate e si sono strette a due corpi appesi al soffitto e messi a riposo. Alessandro Biggio

Lo stesso fuoco, nel cortile di una casa nella campagna romagnola, per un’intera notte ha alimentato un forno scavato nella terra. Dentro quel buco nero c’è stata un’esplosione, poi tutto, la mattina seguente, è stato riassemblato sapientemente, prima che l’alba divorasse il paesaggio tutt’intorno. Gaia Carboni

La soprintendenza ai beni artistici di Pompei ed Ercolano scrive: “È nella cenere indurita che spesso gli archeologi rinvengono dei vuoti causati dalla decomposizione di sostanze organiche (…) Nel vuoto viene quindi versata una miscela di gesso ed acqua fino a riempirlo totalmente. Lasciato asciugare il gesso, si può procedere nello scavo e si mette in luce ciò che aveva determinato il vuoto: la cenere indurita ha conservato infatti, come uno stampo, il volume, la forma e la posizione dell’oggetto o del corpo che era stato sepolto. Questa impronta di gesso solidificato è chiamato calco. Può includere alcune parti che non si sono decomposte, per esempio le ossa dell’individuo o gli oggetti in metallo che indossava o recava con sé (…)  Linda Fregni Nagler

Su una parete dello studio assistiamo al passaggio di una sfera luminosa dove si vedono crateri color della cenere. Un corpo luminoso entra dentro l’inquadratura e dopo sette minuti esatti sparisce lasciando il vuoto di un cielo nero. “Da un lato un’immagine, un riflesso luminoso; dall’altro lato un corpo, ormai calpestato. Luogo ideale per sogni e deliri di ogni tipo, le cui geometrie sono da tempo svelate. Più di qualsiasi altro pianeta sembra una palla nel vuoto. Polverosa, nera ma lucente. A volte viene voglia di tagliarla in due, come una pietra: dentro è come fuori, ma liscia”.  Farid Rahimi

“Sono immagini tirate fuori da un nero-nero, cioè da un’oscurità profonda, che non si può illuminare. Illuminare e allunare, ora mi suonano parole vicine. Movimenti ugualmente impossibili. Non ci si può credere davvero. Illusioni. La lista delle parole vicine ora cresce, come le maree. Illusionare, illuminare, allunare”.  Alessandra Spranzi

“Gli allunati sono ombre atterrate sulla Luna.
Ombre vecchie anche di momenti andati o ricordi”.  Rä di Martino

“Penso ad un mondo dove l’uomo non ascolta la paura, dove il muso che guarda a terra diviene viso che guarda il cielo. È venuto il tempo di costruire strumenti per una orchestra dell’ascolto”. Francesco Pedrini

 

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